Il problema rifiuti in Italia
Il cosiddetto “problema rifiuti” pare essere esploso nell’ultimo anno, in realtà la questione non è affatto così. Non si giunge un giorno all’altro in una crisi così radicale, il problema va rilevato certamente molto più a fondo. Tenendoci al di fuori di ogni possibile riferimento alla politica, cosa che non compete certo ad una guida per i consumatori, cercheremo d’analizzare innanzitutto i dati di fatto oggettivi che hanno potuto alimentare un tale accumulo di spazzatura mal gestita e analizzeremo il rimedio migliore per alleviare la problematica.
È certamente nota a tutti la condizione campana che vede la regione impegnata a lottare contro una crisi che, a partire dalle montagne di rifiuti accantonate ai bordi delle strade, coinvolge la società stessa. Turismo ed igiene sono i due ambiti direttamente toccati dal problema. I rifiuti, pur essendo facili da sottovalutare sul momento, si sono rivelati una preoccupazione crescente e sempre più seria che non si poteva ignorare ulteriormente.
Un altro errore comune è quello di pensare che il problema dei rifiuti riguardi unicamente la regione direttamente colpita, ciò non è affatto vero. Se un ingranaggio non funziona bene, è tutta la macchina a risentirne! Quindi certamente in primo luogo va considerato il fatto che l’intera Nazione ha il dovere di mobilitarsi in sostegno di connazionali in condizione di disagio, e non solo con contributi economici. Non va inoltre dimenticato che la necessità di dover rivoluzionare il sistema di smaltimento dei rifiuti riguarda buona parte delle aree italiane e dunque non solo quelle in cui la crisi è stata posta al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica.
I ricercatori hanno in più occasioni dimostrato i vantaggi dell’utilizzo sistematico d’impianti di riciclaggio, eppure come mai alcune regioni non sono ancora attrezzate? Come mai s’intendono realizzare metodi altamente inquinanti per produrre energia se invece è possibile ricavarla tramite il riciclaggio? Perché impianti precedentemente realizzati non sono attivi?
In cosa consiste il riciclaggio dei rifiuti
Per riciclaggio dei rifiuti s’intendono quella serie di strategie volte a separare i rifiuti in modo tale da poter effettuare trattamenti specifici che rendono il materiale di scarto riutilizzabile. Nell’ottica del recupero una bottiglia di plastica non è solo “spazzatura” ma è potenzialmente un materiale riutilizzabile. I sistemi tradizionali, come discariche ed inceneritori, risultano a dir poco obsoleti ed inopportuni. Basti pensare all’inquinamento prodotto, ai materiali sprecati, al deturpamento delle materie prime ed al notevole impiego d’energie.
Il riciclaggio dei rifiuti al contrario, pur essendo stato ideato negli anni cinquanta, rappresenta una soluzione estremamente moderna che concilia il risparmio economico con l’ecologia. Il riciclaggio consente, tramite la separazione dei rifiuti in base alla composizione, di poter trattare i materiali in modo tale da renderli nuovamente prodotti finti con notevole risparmio energetico. Le materie prime del nostro pianeta non sono inesauribili ed il deturpamento servaggio senza se e senza ma sta conducendo parallelamente all’esaurimento delle materie prime ed all’incremento dell’inquinamento.
Il buco dell’ozono ed il surriscaldamento del pianeta sono solo due esempi, ma non si pensi che questi danni causati al pianeta abbiano ripercussioni solo sulla pelle più esposta alle scottature … che pianeta vogliamo lasciare ad i nostri figli? Le industrie sprecano molti più materiali di quelli che effettivamente servono per realizzare il prodotto finito (basti pensare agli incartamenti vari che troviamo per ogni oggetto, anche i più insignificanti). I consumatori utilizzano il prodotto e poco si preoccupano di come i rifiuti vengano smaltiti, è già una fortuna se si preoccupi di posizionarli negli appositi contenitori.
D’altronde gli enti sono spesso mal organizzati ed i rifiuti si accumulano, le risorse finiscono e l’inquinamento aumenta in maniera esponenziale! Va differenziato il termine riciclaggio da quello di riutilizzo, benché entrambi abbiano ecologiche finalità. Il riciclaggio consiste in particolari trattamenti che modificano l’oggetto di partenza e ne sfruttano nuovamente i materiali, il riuso invece non modifica l’oggetto di partenza bensì le finalità (una bottiglia d’acqua può essere riempita nuovamente ed un giornale può essere utilizzato anche per imballaggi, ecc.)
Perché “non” riciclare i rifiuti?
Dato per assodato che di rifiuti ce ne sono, ed in abbondanza, nascono un’infinità di questioni riguardo al come smaltirli. Dove realizzare una discarica? Cosa farne dei rifiuti speciali? Quale regione è disposta ad occuparsene? Ebbene queste sono solo le domande più scontate che nell’immediato ci si pone. In realtà, magari con un eccesso di semplicismo, basterebbe porsene solo una, ossia “dove creiamo un impianto per il riciclaggio?”. Insomma, una volta stabilito che i rifiuti possono essere smaltiti e per la maggior parte riutilizzati.. come si può essere contrari? Per qual motivo non tutte le regioni sono attrezzate a smaltire i rifiuti tramite le nuove tecnologie?
Innanzitutto va ammesso che non tutti hanno una mentalità favorevole al riciclaggio. Molto spesso c’è disinteresse, si è portati a buttare una cicca di sigaretta a terra senza porsi troppi problemi. Si è soliti riversare sugli altri le responsabilità dei problemi alle quali invece contribuisce ognuno di noi, nel proprio piccolo. Se la città è sporca, è colpa delle istituzioni! Ciò può essere vero in alcuni casi, ma chiediamoci piuttosto chi butta la spazzatura a terra? Non sono forse gli stessi cittadini? E se dunque, consentitemi, sono i cittadini stessi a disinteressarsi di “casa loro” come pretendono che altri se ne interessino al loro posto?
Alla base di tutto dunque andrebbe realizzata una modifica delle cattive abitudini purtroppo diffuse tra il qualunquismo e la tracotanza. Quante volte abbiamo sentito dire, o detto in prima persona, che il cassonetto per la differenziata è troppo distante da casa e che questa fosse una giustificazione per non separare i rifiuti? Se si fosse più consapevoli delle ripercussioni che ha ogni singola azione sull’ecosistema mondiale forse saremmo più accorti nelle nostre azioni ed un paio di passi in più li faremmo volentieri. Ma parlare in questi termini ha generalmente l’effetto contrario, si passa per allarmisti e non si viene presi sul serio.
Allora forse sarebbe meglio che l’Italia gestisse con rigore i propri rifiuti come avviene in Germania. Se per il mancato smistamento dei rifiuti il cittadino fosse sottoposto a sanzioni, allora forse se ne preoccuperebbe un po’ di più. Sostanzialmente le critiche rivolte al riciclaggio riguardano i costi ambientali, il basso rendimento di materie prime riutilizzabili e la scarsa qualità dei prodotti ottenuti con materiali riciclati. La risposta a tali accuse è semplice se si pone a confronto il riciclaggio con gli altri sistemi, i costi sono ripagati in una seconda fase, meglio “pochi” materiali piuttosto che niente e poco conta se la carta riciclata risulta un po’ ingiallita!
Materiali riciclabili
Non tutti i materiali esistenti possono, con le tecnologie attualmente conosciute, essere riciclati. Innanzitutto l’utenza dev’essere in grado di attuare una prima divisione già in casa, adibendo buste o cestini in modo tale che possano essere separati i materiali. La classificazione fondamentale suddivide “l’umido” dal “secco” ossia i materiali organici da quelli riutilizzabili. Ciò che meglio rende l’idea sono gli esempi: fanno parte dell’umido i resti alimentari (bucce della frutta, pane secco, resti dei pasti, fiori e piante, filtri di tè, filtri del caffè, tovaglioli di carta sporchi) e non gli assorbenti, stracci anche se bagnati e mozziconi di sigarette.
Compongono la parte secca dei rifiuti tutti quegli oggetti composti di materiali riutilizzabili come plastica, carta, alluminio e vetro (come ad esempio bottiglie, giocattoli, penne, pennarelli, posate e piatti in plastica, rasoi usa e getta, ecc.). Non fanno parte del secco e quindi vanno deposti altrove i materiali a cui è dedicata una raccolta specifica, come medicinali e batterie.
Una volta chiarita questa prima suddivisione è necessario ragionare un po’ sui materiali che effettivamente possono essere sottoposti a riciclaggio. Le materie prime che possono essere riciclate sono legno, plastica, carta, cartone, vetro, alluminio, acciaio, pneumatici e tessuti. La plastica rappresenta talvolta un caso a parte, in quanto esistono diversi tipi di materiali plastificati ed alcuni di essi richiedono differenti metodi scomposizione. Questi metodi differenziati richiedevano tempistiche lunghe e costi elevati, ma le nuove tecnologie hanno ridotto i tempi d’attesa ed hanno abbassato le spese.
Molti paesi industrializzati hanno già adottato queste misure protettive, ma si può ancora fare molto di più. Ad ogni modo ogni tipo di plastica, tramite questi strumenti, può essere modificata e ridestata nel mercato sotto nuova forma (ad ogni tipo di plastica corrisponde un differente riutilizzo). Sugli oggetti composti in plastica riciclabile è apposto un triangolo con dentro un numero, ad ogni cifra corrisponde un tipo di plastica ed una conseguente finalità dopo il riciclo.
Termovalorizzatori
Quando si sente parlare di rifiuti la parola termovalorizzatore è molto ricorrente. Altrettanto di sovente si lascia intendere che questo tipo d’impianti abbiano la nobile finalità di produrre energia dalla combustione dei rifiuti. Ciò che però non sempre ottiene il doveroso risalto è il fatto che, conseguentemente a questo tipo di smaltimento, i materiali non vengono in alcun modo recuperati. Le materie prime vengono così sprecate e l’impatto ambientale ottenuto è notevolissimo.
I termovalorizzatori sono devi veri e propri inceneritori in cui il calore ricavato dalla combustione viene vaporizzato e riutilizzato per generare energia elettrica o per generare riscaldamento. Non si tratta però di una produzione energetica che possa competere con le centrali elettriche tradizionali, in quanto i rifiuti generalmente hanno uno scarso potere calorifico. Talvolta per aumentare la produzione calorifica viene aggiunto ai rifiuti anche del metano. Tuttavia solo pochi degli impianti esistenti sono dotati di collegamenti per il teleriscaldamento, ossia di condutture che convoglino il calore in modo tale da riscaldare acque.
I termovalorizzatori, a termine della combustione, conservano scorie e polveri. Anche tali resti dunque creano un problema di collocazione e molto spesso vengono portati in discariche, rari sono i casi in cui (tramite complicate tecnologie) si cerca di riciclare anche tali scorie. Possono essere trasportati in centri d’incenerimento i Rifiuti solidi urbani ed i rifiuti speciali, tra cui molto spesso resti dell’industria chimica e farmacologica.
I termovalorizzatori sono molto sfruttati in Europa per lo smaltimento dei rifiuti, ciò avviene per esempio in Francia, Svezia, Danimarca e soprattutto Svizzera (si pensi che in quest’ultimo paese il 100% dei rifiuti viene smaltito tramite inceneritori). In Italia rappresentano una realtà tutto sommato ancora minoritaria a causa delle reticenze della popolazione riguardo ai danni causati dalle emissioni, i cui danni non sono ancora ben definiti. Tuttavia alcuni politici italiani stanno rivalutando il ruolo degli inceneritori e riconoscono loro la possibilità di risolvere il problema dello smaltimento dei rifiuti.
Ecoballe
Parallelamente ai termovalorizzatori l’utenza ha spesso sentito nominare le Ecoballe. L’opinione pubblica certamente sa o comunque immagina che riguardino i rifiuti in attesa di sistemazione e che giacciono a cielo aperto, ma vi è tutto sommato poca chiarezza in merito. Le Ecoballe sono dei blocchi cilindrici contenti rifiuti solidi urbani triturati a secco. Esse vengono altrimenti definite CDR ossia combustibile derivato dai rifiuti (il termine deriva dalla traduzione da un acronimo inglese composto dalle parole “Refuse Derived Fuel”).
Prima di essere condotte agli inceneritori i rifiuti possono essere grossomodo suddivisi, generalmente si è soliti rimuovere ed eliminare in altro modo i materiali non combustibili tra cui vetro, metalli e materiali inerti (provenienti da scavi o demolizioni, ceramiche, rocce, ecc.) . Dovrebbero essere rimossi anche gli umidi che sono composti da parte organica, resti alimentali ed agricoli. Ciò che però ha fatto puntare le luci dei riflettori sui CDR accatastati, oltre alla vastità delle aree ricoperte, è stata l’erronea composizione.
Nell’abbondanza dei rifiuti e nella fretta di smaltirli (si spera sempre in buona fede) sono stati triturati materiali d’ogni tipo senza le necessarie suddivisioni. Ciò non è un fatto da sottovalutare, perché all’atto dell’incenerimento verranno emesse sostanze nocive e tossiche. Oltremodo rischiosa come pratica, spregiudicata oserei dire. Le normative italiane vigenti, in particolar modo il decreto legislativo n. 22/1997 e le sue modificazioni successive, stabiliscono specifiche norme a riguardo.
La parte secca dei rifiuti non adatta ad essere incenerita deve essere obbligatoriamente separata, accantonata e ridotta in unità standard per peso e dimensioni. Tali unità saranno poi destinate a discariche o riciclaggio. I rifiuti generalmente preferiti alla combustione sono certi tipi di plastica per le loro capacità di produzione del calore, non per nulla insomma sono derivate dal petrolio. Per legge l’ecoballa può contenere al massimo il 50% del suo peso di materiali riciclabili.
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